sabato 15 dicembre 2012


Oliviero Diliberto, segretario Pdci, dopo aver dato indicazione per votare Vendola e poi Bersani alle primarie, lei era all’assemblea di De Magistris per la fondazione del ‘Quarto Polo’. 

Dove però c’è chi spinge da una parte, verso l’alleanza con Pd e Sel, e chi dall’altra, verso la rottura definitiva.


Io spingo dalla parte del confronto. Ma non do per acquisita né una cosa né l’altra. ‘Mai con il Pd’ e ‘con il Pd a qualsiasi costo’ sono due posizioni comunque schematiche. È ovvio che io preferisco stare nel centrosinistra, ma non ad ogni costo.

A quale costo ci starebbe?

Ingroia ha scritto una lettera a Bersani. E Ingroia è uno dei più autorevoli esponenti di questa corrente di pensiero che vorrebbe un’aggregazione di sinistra più larga, aperta ai movimenti e alla società civile. Se Bersani rispondesse positivamente sui temi della legalità e dell’eguaglianza posti da Ingroia non vedo perché l’alleanza non si dovrebbe fare.

Con la stampa estera Bersani spesso deve ‘giustificare’ l’alleanza con la sinistra di Vendola. Crede che riuscirebbe a giustificare con il Wall Street Journal anche un’alleanza con voi?
Bersani ha detto più volte che non vuole che il prossimo governo venga deciso dalle banche ma dal popolo italiano. Per me questa è la risposta migliore. C’è una fetta molto importante della sinistra che a questo centrosinistra porterebbe voti che altrimenti andrebbero a Grillo o all’astensione.

Non è lo stesso elettorato che vota Vendola?

Il nostro è un elettorato diverso, e che sul centrosinistra diversamente non convergerebbe. Noi contendiamo dei voti proprio all’antipolitica. E comunque quando si fa un’alleanza l’obiettivo è vincere in maniera larga alla camera e al senato. Credo che vada scongiurato il rischio del 2006, quello del pareggio al senato.

Il rischio del 2006, per l’elettorato di centrosinistra, è piuttosto un’alleanza rissosa, com’era l’Unione. Assicurereste fedeltà al Pd?

Facciamo tesoro delle difficoltà del passato. Non ripeteremo lo schema dell’Unione, con tanti partiti anche piccoli in competizione fra loro. Ma ricordo che l’Unione è caduta per mano di Mastella. Se riuscissimo a fare un’aggregazione di sinistra tutti insieme, questo rischio non ci sarebbe più.
E poi c’è l’Idv: fra Pd e Di Pietro le distanze si sono misurate sull’atteggiamento verso il Colle.

Oggi la posizione che ha assunto Di Pietro è la nostra: dialogare con il Pd. Tant’è che anche Di Pietro ha partecipato alle primarie. Oggi le posizioni fra Idv e Pd sono ormai del tutto conciliabili.

Veramente Di Pietro chiede anche a Vendola di dare un aut-aut a Bersani sull’art.18.


Vendola ha già detto a chiare lettere che vuole ripristinare l’art.18. E molti dirigenti del Pd la pensano nella stessa maniera.
Resta che oggi sembra difficile pensare che Bersani possa allearsi con con lei, l’uomo che voleva portare in Italia la mummia di Lenin.

Quella era una bufala costruita dai giornali. Io rivendico il mio passato, ma con quel passato ho fatto il ministro per due governi. E quando abbiamo dichiarato il nostro voto alle primarie nessuno ci ha detto ‘no, grazie’. Ma davvero, oggi non discutiamo delle nostre identità: sul passato non si costruisce niente. E comunque, non siamo stati noi a far cadere il governo Prodi. È stato il partito in cui era Vendola.
De Magistris chiede ai politici tre passi indietro.
Tutti ricordano che non ho mai sgomitato per un posto, anzi. Resto dello stesso avviso.
E se il Pd dice no?


Spero non lo faccia, sarebbe una scelta sbagliata. Ma sarebbe una scelta unilaterale, l’opposto della ‘separazione consensuale’ del 2008 tra Veltroni e Bertinotti, quella che ha riportato Berlusconi a palazzo Chigi. Allora io, nella sinistra Arcobaleno, ero l’unico a dire che si trattava di una pazzia. d. p.

A CURA DI GIUSEPPE LA CORTE

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